martedì 30 novembre 2010

Sulla Tristezza e sulla Morte

di Daniela Pasiphae Coin
tratto da Noraelle To Mars



Parlarono ore,  tutta la sera. Mangiarono in vetrina, guardando i passanti e un angolo di Londra. Qualcosa di carino, con tante luci. Di fronte, un piccolo bar pullulava di giovani ragazzi che si divertivano bevendo cocktail e discutendo scherzosamente circa qualche partita di calcio. Dalla vetrina si poteva udire benissimo quello che dicevano ma Nora non ci faceva proprio caso.
Jean, allo stesso modo, studiava la gioia di quei ragazzi che, con ogni probabilità, di problemi ne avevano anche loro. Magari in famiglia. Ma si stavano divertendo e si divertivano davvero. Perché, in fondo, la tristezza non è che uno stato indotto dalla nostra psiche. E, come tale, vive su un determinato piano e, questo piano, può cambiare. Può aggravarsi ma può anche venire rimosso. Passare nel dimenticatoio. Perché la durevolezza di certe sensazioni è dannosa e spesso conduce a vie senza uscita. E per cosa? Solo per una mera convinzione. Un’imposizione della nostra mente che ci dice che, per convenzione, bisogna disperarsi per la morte di una persona cara. E che poi, cos’è, se non egoismo?
- E’ egoismo.
- Perché? – Parli senza sapere cosa si prova.
- Ti ricordo che ho da poco perso i miei genitori.
Perduto.
Non li ho perduti. Sono morti.
- E’ egoismo per il semplice fatto che mancano a te. A loro tu non manchi. Perché, o hanno cessato di esistere, oppure sono in un posto dove lo stare male, la sofferenza, non è concessa. Una dimensione diversa, dove si comprende. Dove non esistono ragionamenti similari a quelli che noi produciamo. Esiste solo equilibrio fra tutte le cose. E gioia e rispetto.
Canti e ... e amore.
Tornò a guardare fuori, quel gruppetto di giovani si era riunito e stava chiacchierando in toni più contenuti.



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