lunedì 22 novembre 2010

L'angelo della chiesa di Efeso

di Rocco Bonelli



Eravamo appoggiati alla ringhiera di poppa quando credetti di avvistare terra.
Strillai a capitan Achab.
Quello corse per il ponte e disse:"Dimentichiamoci la balena, ammaina la vela, a raccolta sulla bolina!"
E ci mettemmo a cantare come fanno i marinai quando sono in mezzo al mare.
Un'aria fredda passò sopra il rigido guscio dei crostacei e noi remammo verso la spiaggia.
"Mi sa che la chiamo America" mi scappò di dire all'approdo.
Respirai a pieni polmoni e stramazzai, non stavo dritto.
Capitan Achab tirò fuori un contratto e disse: "Costruiamo qui il nostro caravanserraglio con il fogliame di una palma da cocco."
Proprio allora arrivò uno sbirro in paranoia, vide i nostri remi come armi improprie e ci arrestò.
Non chiedetemi come, ma riuscii ad evadere e viaggiai a lungo con una mucca frisona attraverso valli circondate da pendii scoscesi coperti da un erba terribilmente verde e dagli steli lunghi e dritti.
Ad un tratto percepii l'acqua che scendeva rovinosamente dal punto più alto delle colline, poi si trasformò in fiumi in piena e subito dopo in enormi cascate che minacciavano di allagare il mio sentiero con la loro sfrenata spinta.
Cambiai posizione nel letto, per chi ancora non lo avesse capito, in quel momento stavo sognando.
Risalii per un istante alla superfice del sonno e poi ridiscesi nel regno dei dormienti catapultandomi sulla riva di un fiume, le cui acque rosse come sangue, scendevano in mezzo a grandi massi di superfice levigata e di svariate forme tondeggianti create dal lavorio della corrente.
Una strana presenza mi fece guardare verso l'altra sponda.
Con l'acqua all'altezza delle ginocchia, una donna nuda mi osservava.
Aveva la pelle color rame e in maniera troiesca era molto sexy.
La vagina spuntava alla fine delle cosce senza che la nascondesse peluria alcuna.
Attraverso la fessura delle palpebre, i suoi occhi di un nero intenso mi masturbavano.
I grandi seni avevamo dei grossi capezzoli eretti, circondati da una grande macchia rossa.
Nuotai lentamente verso la femmina, invogliato dal sorriso appena abbozzato dalle sottili labbra di morbida mobilità selvaggia.
Pensai che sarebbe stato bello vedere un po' di pelo pubico, non pretendevo una boscaglia stile filmino erotico anni '70, mi sarebbe bastato quel minimo di pelo da capire che non la stavo leccando ad una bambina.
Una risata rauca si udì a breve distanza.
Proveniva da un mendicante sdraiato sulla roccia come un rettile.
Era vestito di stracci lerci e del suo volto, ricoperto da un'irsuta barba da profeta, solo si vedevano due alci intrappolate nell'iridescenza dei suoi occhi.
Il mendicante mi apostrofò con queste parole:
"Non è per te la gioia di quella carne che ti sembrava di aver già posseduto, questo ricordo rischia di minare la materia dei tuoi anni."
Rapito in estasi vidi il mendicante in mezzo a sette candelabri d'oro e lo udii proferire con voce profonda come tromba queste parole:
"Così parla colui che tiene nella sua destra le sette stelle e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro.Mi è nota la tua condotta, la tua fatica, la tua costanza.So che non puoi soffrire i malvagi, infatti hai messo alla prova quelli che si spacciavano per apostoli e non lo sono e gli hai trovati bugiardi.Hai costanza, avendo sofferto per il mio nome, senza venir meno.Ma devo rimproverarti che non hai più l'amore di un tempo.Considera da quale altezza sei caduto e ritorna alla condotta di prima, altrimenti io verrò a te e se non ti sarai convertito rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto.
Chi ha orecchi ascolto ciò che lo spirito dice alle chiese!
Al vittorioso farò mangiare dall'albero della vita che è nel paradiso del Padre mio."
La femmina era scomparsa, il fiume non aveva più il colore del sangue che mi aveva spinto a bagnarmi nelle sue acque.
Il sole flagellò le fronde dei pini quando realizzai di non aver mangiato oramai da quattro giorni.
Sull'insegna di legno sopra l'ingresso del primo ristorante che trovai si leggeva il nome del posto in lettere ormai sbiadite: "La neve dell'ammiraglio."
In quasi tutte le forze armate del mondo è detto ammiraglio il militare che appartiene alla più elevata categoria degli ufficiali della marina militare.
Tuttavia questa parola a me suggeriva un'altra immagine, ossia quella di un moderno cacciatore di vampiri con un bulbo gigante di aglio al posto della testa e una sfilza di fucili e pistole che sparavano aglio tritato.
Entrai in cucina e dissi a tutti che ero un critico itinerante di un mensile di culinaria.
La cameriera era un gran pezzo di fica e indossava mutandine rosa scuro.
Aveva mani da ventenne e faccia da trentenne ma andava per i quaranta.
Ordinai delle verdure grigliate ma ecco che scoppiò il ristorante a causa della solita fuga di gas.
Uscii senza pagare il conto mentre il cibo schizzava un po ovunque.
Mi svegliai col sudore che mi colava sulle braccia e andai dritto in banca in cerca della cauzione per il capitano Achab.
Quelli mi chiesero un documento ed io mi sbottonai i jeans.
Mi cacciarono a pedate in mezzo alla strada, quand'ecco che una mia ex compagna di scuola che passava di lì, m'invitò a casa sua.
Accettai l'invito, ma questa aveva un amico alto che mi picchiò e mi rubò le scarpe.
Ed io mi ritrovai di nuovo sull'asfalto.
Beh, allora bussai ad un chiosco con su esposto il tricolore italiano.
Dissi: "Gente, ho bisogno di aiuto!
Ho un amico in serie ambasce!"
E il tizio dietro al bancone mi rispose: "
Guarda che ti dico: facciamo che ti do dieci euro se non tocchi un bicchiere e ti levi dalle palle."
"Rifiuteranno anche Gesù" replicai.
- "Gesù era Cristo, tu non sei un cazzo!
Esci subito o ti spacco le ossa!"
Di corsa schizzai fuori e tutti i passanti mi guardarono saltare bancarelle e carrettini che erano parcheggiati nella piazza del mercato davanti ad un palazzo con l'insegna "Fratellanza".
M'infilai dritto per l'ingresso principale ma subito dopo realizzai che era un'impresa di pompe funebri.
Raccontai tutto il mio triste sogno ad un ciccione con la camicia hawaiana:
"Capitan Achab è in prigione"
L'uomo mi rifilò il suo biglietto e disse: " Chiamatemi se dovesse perire."
Gli strinsi la mano e lo salutai.
Imboccai una via e corsi, ma poi venni travolto da un' enorme palla da bowling che mi scaraventò a terra come un birillo.
A quel punto decisi di capitolare e di tornarmene a casa.
Ero stanco di tutta questa menata per aiutare il Capitano Achab.
Tornai alla macchina e trovai una multa ad aspettarmi.
Proprio mentre la stavo facendo in mille pezzi arrivarono gli sbirri e mi domandarono il mio nome.
Il risposi: "Sono l'angelo della Chiesa di Efeso."
Loro mi credettero ma vollero pure sapere cosa avevo fatto esattamente fin lì.
M'inventai che ero impiegato e consigliere del Papa e mi mollarono immediatamente.
Erano sbirri paranoici.
Beh le ultime che ho del capitano Achab sono queste:
Come Jona lo danno in pancia ad una balena che era poi la moglie del direttore delle carceri dove fummo internati dopo l'arresto.

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