martedì 25 febbraio 2014

Rachel - Ep. 5

di Daniela Pasiphae Coin

<< Episodio 1

Rachel amava stare sola ma non era vero.
Lei lo diceva in giro, lo diceva anche a se stessa, ma non era affatto vero.
Lei soffriva profondamente di solitudine però allo stesso tempo questa solitudine le serviva per giustificare la sua sofferenza, anche se questa non era dovuta allo star sola.


Il male di vivere di Rachel, come di ognuno di noi, era una qualità innata.
Il saperla definire una qualità era comunque un privilegio di pochi. Lukas, ad esempio, la definiva una qualità, anche se Rachel ancora non sapeva di avere quello strazio dell'anima perché da sempre aveva preferito dare la colpa alle cose, credendo infine che questa sua sofferenza fosse causata dall'esterno, dagli eventi.
La colpa che preferiva dare di più era alla solitudine perché lei, fin da piccola, era sempre stata una bambina molto sola. Cresciuta in una famiglia molto ricca, con cui non parlava da anni, e per di più figlia unica, aveva optato per la sofferenza da solitudine. Un po', sfruttando l'anaffettività dei genitori, le era anche sempre piaciuto ritenersi una ragazza trascurata e poco amata.

Una volta trovato il colpevole della sua sofferenza, aveva passato tutta la vita a sostenere queste tesi, cercando il più possibile di non lasciarsi amare e cercando di essere lasciata sola. Sempre molto stimata, forse più temuta che amata, Rachel era diventata una donna che professionalmente poteva dirsi invidiabile ma che attorno a sé creava il vuoto siderale.

Atterrò a Melbourne a mezzogiorno e si fece subito portare, senza dare alcun preavviso, a casa dei genitori.
I coniugi Gale (Noir era il nome d'arte di Rachel e non il suo vero cognome) erano due signori sulla cinquantina, amanti della natura, che, dopo aver avviato e lanciato un impero nel settore della moda, creando abiti in fibra naturale di alta moda, avevano deciso di ritirarsi in una tenuta fuori Melbourne, gestendo da lì i loro affari e viaggiando comunque molto per controllare e gestire i loro affari nel mondo.

Arrivò alla tenuta che era l'una passata. La villa, immersa nel verde, si presentava fiorente e più accogliente che mai. Ad accoglierli arrivarono i due dobermann di guardia alla casa che Rachel non aveva mai visto. Mancava da casa da anni e in quella villa ci aveva vissuto solo per un paio d'anni.
Non osando scendere dal taxi, si trattenne fino a che non le venne incontro qualcuno.
Arrivò un giovane a cavallo, mal vestito, con l'aria del bracciante. Il cappello, come fosse un cowboy, e il sorriso smagliante di chi non vede l'ora di incontrare qualcuno.
Rachel abbassò il finestrino.
"Buongiorno!"
Il giovale la salutò chiedendole chi fosse.
"Sono la figlia dei signori Gale!" disse in tono sostenuto, pretendendo in quel modo rispetto.
"Io non l'ho mai vista!" disse sprezzante, quasi avesse davanti un'imbrogliona "I signori Gale rientreranno fra una settimana!" Poi cercò di tenere fermo il cavallo che si era agitato dopo che il taxista era sceso dall'auto per fumare una sigaretta, fregandosene dei cani. Appena il cavallo si calmò, riprese "Se è la figlia dei Gale può accomodarsi in casa, troverà Justine ad accoglierla!"
Justine se la ricordava, era la ragazza che i suoi genitori avevano preso come governante. Il marito lavorava in Cina e tornava solo due mesi l'anno e loro tenevano la ragazza quasi come fosse una figlia.

Ignorando i cani, che la seguirono con aria sospetta, si accomodò sotto il portico, davanti alla porta di casa, accompagnata dal taxista che le portava i bagagli. Pagò il gentile signore e suonò il campanello, sempre osservata dai cani che, pensò, non erano un gran ché come cani da guardia.
Le aprì Justine che le saltò subito al collo, felicissima di vederla.
"Da quanto tempo! Ma che fine avevi fatto?"
Rachel si liberò velocemente da quel buonismo quasi fastidioso della cara Justine, spigandole che il lavoro in città era piuttosto impegnativo e che non aveva potuto viaggiare per svago.
"Inoltre, cara Justine, lo sai bene che coi miei non scorre buon sangue! Ma dimmi, come stanno? E quando rientreranno?"
"Sono alla fiera di Berlino, rientreranno la prossima settimana" disse dispiaciuta, come se stesse annunciando la loro dipartita. "Oh ma tu ti puoi fermare, Anzi, insisto!"
Rachel, che adorava quella casa e soprattutto l'averla a disposizione tutta per sé per una settimana, non se lo fece ripetere due volte e si sistemò nella sua camera, svuotando le valige e riponendo tutto il suo guardaroba negli armadi e nei cassetti.
Poi si infilò il costume e si precipitò a fare una nuotata in piscina, seguita da una lunghissima passeggiata a cavallo fino all'ora di cena.

"Si tratterrà molto?" le chiese lo stalliere, mentre Rachel ripuliva il cavallo dopo la passeggiata. Lei non rispose e lo guardò come a chiedergli un minimo di educazione.
"Lasci pure, ci penso io al cavallo!"
Lei gli diede un'altra occhiataccia che aveva l'aria di dire "Da lei non voglio nessun aiuto, mi so arrangiare!" e continuò a strigliare la bestia.
"Io mi chiamo Cristopher" le disse, allungando la mano dopo essersela pulita sui pantaloni.
Rachel allora sorrise e si presentò.
"Mi perdoni per prima" continuò lui "è che non l'avevo mai vista, credevo che questa famosa figlia dei Gale fosse ormai una favola!"
"Le sembrava impossibile" continuò lei "che una figlia mancasse da casa per così tanti anni?"
"Beh un po' sì, ma non sono cose che mi riguardano..."
Rachel gli sorrise.
"La signora Gale non è mia madre" si confessò, con lo stupore del povero Cris che non seppe che dire.
"Non volevo farmi gli affari suoi, signora..."
Rachel rise. "Ma quale signora!? Ma quanti anni hai?"
"Ne ho trentasette, signora!"
"Allora ti prego smettila di chiamarmi signora che sono più giovane di te!"
Cristopher sorrise imbarazzato, la salutò e se ne tornò alla sua depandance.

L'indomani Rachel lo trascorse tra piscina, cavalli e lunghe passeggiate coi cani, che ormai erano diventati suoi amici. Aveva anche appreso che si chiamavano Aiace e Antigone. Deviazioni del padre, amante di Sofocle.
In quanto a Cris, sebbene Rachele cercasse di evitarlo, capitava molto spesso che si incontrassero nelle stalle o per i vialetti della proprietà, o che lei lo vedesse indaffarato a sistemare le bestie, e notava che lui, nonostante la guardasse come se fosse fatta d'oro, cercava di evitarla il più possibile e questo le dava un po' sui nervi, abituata com'era ad avere tutte le attenzioni degli uomini per sé.

All'alba del quinto giorno, Rachel si alzò con una strana sensazione, accese il telefono e le arrivò un messaggio di Lukas.
"Ci vediamo stasera al Four Season, alle 9"
Lì per lì fece per rispondergli ma poi pensò che avrebbe potuto perfino non rispondergli e non presentarsi.
Per un attimo le prese il terrore perché pensò che avrebbe potuto perderlo ma alla fine, per quietare il suo ego, pensò che aveva la scusante che lui non si era fatto più sentire e che, nelle terre sperdute dell'Australia, il telefono poteva non essere raggiungibile.
Optò per fare la vigliacca e non rispose. Provò perfino un sottile piacere nel poter, per cause di forza maggiore, rifiutare un invito simile, al Four Season, ed uscirne perfino pulita.
A Rachel non importava se quello che faceva era corretto, a lei bastava che agli occhi degli altri lo sembrasse.

Quel mattino chiese ed ottenne una cavalcata con Cris, completa di picnic sulla collina e rientro al tramonto.



mercoledì 12 febbraio 2014

Rachel - Ep. 4

di Daniela Pasiphae Coin

<< Episodio 1

Uscirono dal locale.
Prima uscì Rachel lasciando, come al solito, che a saldare il conto fosse Lukas.
Rachel era sempre stata abituata ad uscire con uomini che le offrivano la cena e non si era mai posta il problema se questo fosse giusto, normale, apprezzabile o disdicevole.

"Signorina!" si sentì chiamare da una voce sconosciuta mentre, a pochi passi dal locale, cercava di fare amicizia con un cagnolino nel giardino di una villetta adiacente.
Si voltò, era un cameriere del locale. Gli si avvicinò con fare imbarazzato.
"Mi scusi signora.." la apostrofò il cameriere senza riuscire a guardarla "..dovrebbe cortesemente saldare la sua parte..."
Rachel rimase di stucco. Ci mise qualche secondo per elaborare quella strana richiesta. Poi si sentì estremamente offesa e subito andò su tutte le furie, seppur non dandolo a vedere.
"L'uomo che era con me? Non ha pagato?" domandò stupita.
"Solo la sua parte, signora.." rispose umilmente il ragazzo.
"E si può sapere dove diavolo è?!"
Il ragazzo si guardò intorno.
"L'ho visto uscire dal locale, mi ha detto che l'avrei trovata qui fuori! Non so dove sia andato.."
Rientrarono insieme mentre il povero ragazzo, ricciolino e con qualche lentiggine sulle guance, spiegava a Rachel che non voleva metterla in imbarazzo e che se fosse stato per lui avrebbe chiuso un occhio ma, non essendo il capo, non poteva farlo.

Rachel saldò quei pochi spiccioli della sua cena.
Incredibile, pensò uscendo. Prese subito il telefono dalla borsa per chiamare Lukas e dirgliene quattro e trovò un suo messaggio.
Leggi.
Lukas
Non dare mai nulla per scontato. Ti ricontatterò io.

Se avesse potuto l'avrebbe malmenato, offeso. Aveva ferito il suo ego e quello che la faceva più incazzare era che probabilmente lui si stava anche divertendo.
Pensò di richiamarlo ma il timore superava la rabbia. Rachel temeva e rispettava quell'uomo di cui non sapeva assolutamente nulla e non era sufficientemente forte per prendere in mano la situazione e reagire.
In qualche modo, anche se non voleva ammetterlo, quell'uomo le dava sicurezza. Le faceva compagnia. Le dava un motivo per essere ogni giorno quella che era.

Decise di tornare a piedi. Ci avrebbe messo una buona mezz'ora ma non faceva eccessivamente freddo e le andava di camminare. Percorse a lunghe falcate sui suoi tacchi 12 i viali umidi di ben quattro quartieri.
Di strada pensò a come aveva conosciuto Lukas.

Era uscita una sera a cena, da sola. Rachel non aveva amici, non li aveva mai voluti. Aveva qualche conoscente con cui a volte condivideva qualche serata, poche chiacchiere e per lo più eventi mondani.
Quella sera, desiderosa di stare sola, dopo una giornata trascorsa a litigare con la madre che era passata in città per sbrigare alcune faccende personali, uscì presto e si recò al suo ristorante preferito, a pochi passi da casa. Un posto molto piccolo e riservato ma che a quell'ora era sempre vuoto. Sedette senza badare a nulla che non fosse il menù. Ordinò carpaccio di polpo e patate. In quel locale facevano delle patatine in umido che erano come il burro. Dolci e delicate, con una spolverata di prezzemolo.
Di lì a poco, mentre osservava in agenda i suoi impegni, entrò un uomo, alto e distinto, col segno della barba di un paio di giorni, vestito sobrio. Una giacca in pelle nera, pantaloni scuri, un maglioncino blu, scarponcini neri.
Rachel era una donna molto attraente, abituata a farsi guardare da tutti, quasi infastidita da questo continuo ricevere occhiate e proposte. Ma quel giorno, quell'uomo, si comportò in modo diverso. Entrò nel locale dando una rapida occhiata ma senza soffermarsi su di lei. Fece un cenno al cameriere indicandogli dove si sarebbe seduto e sedette lontano dalla ragazza, da solo.
Rachel prese ad osservarlo incuriosita e senza nemmeno tanto riserbo in quanto lui non guardava lei. Le si era messo di lato e guardava dritto davanti a sé rivolto verso il muro. Nessun telefono in mano. No auricolari. Niente musica. Niente menù. Guardava solo davanti a sé.
Avrà tanto a cui pensare.. convenne Rachel.
Lo osservò per tutta la cena, anche dopo che lei ebbe finito. Ordinò perfino il dolce pur di rimanere nel locale con una scusa.
Lo osservò mangiare un piatto di lasagne e bere del vino rosso. Infine un caffè. Il tutto consumato lentamente, con cura e pazienza. Masticando molto accuratamente, tanto che Rachel si perse in quel movimento di mandibola.
Quell'uomo misterioso, oltre che avere l'ombra della barba ad evidenziargli i contorni del volto, portava i capelli un po' lunghi, senza una direzione precisa. Erano scuri, castano scuro, lucidi, senza l'ombra di un capello bianco. L'altezza era forse intorno al metro e ottantacinque, corporatura normale, buon fisico atletico.
Rachel si interrogò per quasi un'ora sulla possibilità e l'eventuale modalità con cui avrebbe potuto parlargli ma non le venne in mente nulla. Alla fine, arresa, decise di lasciare il suo numero alla figlia del titolare del locale che serviva ai tavoli, pregandola di consegnarlo all'uomo misterioso.
Anziché dargli il suo bigliettino da visita, scrisse il numero su un pezzo di carta. Poi pagò alla cassa e uscì dal locale mantenendo un portamento nobile, controllando con la coda dell'occhio se per caso lui non si voltasse a guardarla ma niente.

Attese 23 giorni prima di ricevere una sua chiamata, tornando nel frattempo di tanto in tanto al locale, domandando alla ragazza se avesse consegnato il biglietto e chiedendosi se per caso non avesse scritto male il numero. Tornò varie volte in quei 23 giorni a pranzo e a cena lì, domandando anche se per caso lui non si fosse fatto rivedere, se l'avessero visto prima di quel giorno, ma sempre senza cavarne notizia alcuna.

Quando la chiamò le disse solo "Ciao Rachel, sono Lukas il ragazzo del ristorante! Vorrei vederti stasera. Ti va bene alle nove al Milk?"
Lei rispose di sì e poi andò all'appuntamento.
Quella sera lui parlò molto poco e lasciò la conversazione in mano a Rachel. Dopo cena la accompagnò a casa, le domandò se poteva salire. La scopò sul divano senza troppi preliminari e se ne andò subito dopo.

Di episodi simili se ne verificarono, nei due mesi successivi, altri cinque, fino a quella sera in cui, come una svolta, invece che andare a casa di lei a cogliere la margherita, Lukas se ne andò e sparì dalla vita di Rachel per quasi due mesi.
Lei non lo cercò, orgogliosa com'era.
E così si convinse in fretta di aver avuto a che fare con uno stupido cafone e, lasciate le redini per tre settimane a José, partì per l'Australia dove abitavano i genitori.


lunedì 10 febbraio 2014

Rachel - Ep. 3

di Daniela Pasiphae Coin

<< Episodio 1
<< Episodio 2

Al Blue Cafè, Rachel ci era stata solo una volta, tanti anni prima. Frequentava un ragazzo di nome Andrea, italiano, muscoloso e non molto intelligente. Parlava male la sua lingua ma a Rachel piaceva perché, nonostante il suo aspetto mascolino, era dolce e la faceva ridere. Non durò molto perché Rachel è sempre stata una donna che, alla fine, non vuole essere davvero felice, serena e spensierata. Vuole avere dei problemi di cui occuparsi, vuole attenzioni. Vuole poter incolpare il mondo della sua infelicità o forse è proprio questo incessante incolpare a causarle tristezza ed insoddisfazione? Poco importa in fondo.

Entrò nel locale allungando un passo deciso, si guardò intorno ma non lo vide. Un secondo più tardi e si sentì sussurrare all'orecchio.
"Buonasera"
Si voltò di scatto. Era in piedi dietro di lei, quasi come l'avesse seguita.
Accennò un sorriso a labbra tese e si lasciò accompagnare a sedere.
Indossava un elegantissimo abito da sera, rigorosamente nero, con qualche inserto in strass Swarovski, disegnato da lei. Uno degli abiti più venduti e uno tra i più costosi. Il trucco, leggero, le esaltava gli occhi e sulle labbra solo un filo di rossetto color Ferrari.
Gli occhi di Rachel erano blu, come il cafè.

"Come stai?" le domandò guardandola attentamente mentre lei, per lenire l'imbarazzo, sfogliava nervosamente il menù.
Senza neanche alzare gli occhi gli rispose. "Molto bene, ti ringrazio!"
Lukas sorrise e prese ad osservare il menù con attenzione.

Rachel ordinò una crepe salata con salmone e formaggio mentre Lukas chiese bistecca e patate al forno. Dopo aver ordinato, Rachel si alzò elegantemente dal tavolo per recarsi alla toilet.
Lukas rimase solo al tavolo. Dapprima osservò la sinuosa figura allontanarsi dal tavolo, poi si guardò le mani e pensò fra sé che aveva davvero delle bellissime mani.
Rachel tornò dopo pochi minuti e provò un eterno imbarazzo nel percorrere la strada che la separava dal tavolo in quanto Lukas la osservò intensamente e non cessò quello sguardo così penetrante nemmeno quando sedette al tavolo.
Gli sorrise. "Perché mi guardi così?" gli domandò.
"Sono attento a te" rispose. "Magari sei abituata a frequentare persone che quando sono con te guardano il telefono o l'agenda, o che, invece di guardarti negli occhi, guardano dietro di te. O magari ti guardano la bocca mentre parli e pensano a cosa potrebbero dire per riportare l'attenzione su di sé e cercano abilmente di trovare il momento opportuno per intervenire nella tua conversazione ma senza sembrare che ti abbiano interrotta!"
Rachel pensò a José. Lui si comportava così con lei. Non era attento. Non era con lei.

"Sai Rachel" continuò "quasi tutte le persone che incontri fingono di interessarsi a te, ti chiedono come stai, ti fanno mille complimenti, ti sorridono, ti chiedono di uscire, ma a nessuna di queste persone interessa minimamente chi sei e come stai. A tutti interessa cosa puoi fare o essere tu per loro. Come puoi essere utile al loro ego, come puoi farli sentire meglio con la tua approvazione, con un tuo sorriso o con la tua compagnia."
A Rachel si spense la luce negli occhi, quella che la faceva sembrare a capo del mondo. Assunse un'aria spaventata, lo sguardo perso nel vuoto, forse ad immaginare tutte le volte in cui aveva creduto di essere importante per qualcuno, amata ed apprezzata, mentre in realtà faceva solo parte di un piano egoistico di qualcuno che aveva bisogno di sentirsi meglio.
"Siamo tutti profondamente soli, Rachel. Tu la senti la solitudine?"
Rachel tornò a guardare Lukas con aria attenta. Poi annuì.
"E la ritieni una cosa brutta?"
Rachel ci pensò, guardò in alto a destra e poi rispose.
"Penso di sì".
Lukas sorrise guardando dietro i capelli neri della ragazza. Il cameriere stava arrivando con le loro portate.
Mentre serviva al tavolo, lui continuò.
"Siamo tutti infinitamente soli. Non c'è alternativa alla solitudine. Prima lo si comprende e meglio si sta."
Prese il tovagliolo, lo dispiegò e se lo adagiò con cura sulle cosce. Lo stesso fece Rachel.
"Tutte le persone che vedi, te compresa, passano la vita a distrarsi. Farebbero qualunque cosa pur di non stare da soli con la loro solitudine. Ascoltarla. Sentirla. Capirla. E, infine, accettarla come parte dell'esistenza. La sola comprensione di questo fenomeno farebbe cessare la paura che si ha di esso, farebbe cessare l'insicurezza, la ricerca di protezione, e la violenza che attuiamo in ogni momento per cercare di possedere qualcosa che ci possa riempire."
Rachel tagliò la sua crepe e ne mangiò un boccone.
Lukas comprese che forse Rachel non era ancora pronta per quel discorso così cessò di predicare e, affondata la forchetta nella carne, ne tagliò un boccone ed iniziò la sua cena in silenzio.


lunedì 3 febbraio 2014

Rachel - Ep. 2

di Daniela Pasiphae Coin


<< Episodio 1

Si alzò, Rachel, a fatica. Dormiva sempre male da ormai qualche mese.
Quando si trovò in cucina, per poco non rischiò di cadere, scivolando goffamente sul pavimento bagnato.

Marica, sua falsa amica e donna delle pulizie, stava appunto lavando il pavimento e, senza nemmeno tanto dispiacersi per il quasi causato incidente, tornò alle sue faccende sussurrando un mezzo ciao all'amica nuda nella vestaglia in seta bianca dai motivi orientali. Non appena Rachel girò l'angolo e si infilò nel bagno, aggiunse urlando "C'è il caffè!", poi attese senza udire risposta alcuna ed infine aggiunse, sempre urlando: "...e anche i krapfen!", ma dal bagno ancora nulla.

Rachel iniziò la sua quotidiana preparazione per farsi amare che consisteva in una calda doccia di mezz'ora condita di svariati shampoo e balsamo per dei capelli da favola, creme e cremine profumate post doccia, asciugatura capelli e piega alla Valentina di Crepax. E ancora svariati minuti per il trucco, mascara, matita nera e phard, con un velo di rossetto color Ferrari.

Rachel vestiva sempre e solo di nero. Sembrava uscita da Matrix.
Abiti succinti e provocanti, stivali alti, lunghi cappotti. Lo sguardo vuoto di chi ha perduto qualcosa.

Quando finalmente, dopo più di un'ora, ricomparve in cucina, Marica era già uscita per la spesa.
"Brutta bastarda" pensò "non mi ha nemmeno chiesto cosa doveva prendere!"
Infilò la mano nella borsetta, nera, e ne trasse il telefono. Scrisse: assorbenti, gelati al cioccolato bianco, fiori, e il resto che sai. Inviò. Ributtò il telefono nella borsa, ma lo riprese all'istante notando un messaggio proprio dall'uomo della sera prima.

Lukas. Leggi. "Domani alle 21 al Café Blu"
Si era promessa, per l'ennesima volta, di non accettare i suoi inviti. Ma succedeva sempre la stessa cosa ormai da un mese. Lui le mandava un sms col luogo e l'orario di dove si sarebbero incontrati, mangiavano o bevevano qualcosa trascinando una conversazione minimale quasi come fossero una coppia che ha appena litigato, poi lui andava da lei, facevano sesso, si rivestiva e se ne andava.
Non la chiamava mai, non le chiedeva mai come stava, non era mai gentile come le usanze vorrebbero e non faceva mai l'amore con lei. Eppure la voleva vedere due volte a settimana ormai da due mesi.

Come al solito non gli rispose e come al solito decise che stavolta non avrebbe ceduto.

Quel mattino fece il giro usuale delle sue tre boutique in centro, invitò a pranzo José, il responsabile del suo più grande negozio e si concesse il lusso di essere la donna più desiderata della città.

José, elegantissimo messicano trentenne, da cinque anni direttore della boutique "Luxury Noir" di proprietà di Rachel Noir, aveva lunghissimi capelli neri raccolti in minuscole treccine afro, il colorito olivastro, ed era uno degli uomini più sexy che Rachel avesse mai conosciuto. Ciò nonostante tra loro non c'era mai stato alcun contatto fisico. Si divertivano così, a flirtare e a provocarsi in modo implicito ma senza andare oltre.

Quel giorno però Rachel avvertì una fortissima spinta che quasi la obbligava ad avere un contatto con lui. Non era desiderio sessuale ma solo.. voglia di un abbraccio e di qualcuno su cui contare.

Improvvisamente si rese conto che la sola persona che avrebbe potuto esserle amica era José che in realtà, con ogni probabilità, le era amico solo nella speranza di finire prima o poi a letto con lei, suo capo.
Questo la riempì di profonda tristezza e per alcuni minuti seguitò ad infilarsi in bocca patatine fritte, meccanicamente, una dopo l'altra, con lo sguardo completamente perso nel vuoto, seduta di fronte all'uomo con le treccine, elegantemente di nero vestito, che controllava le sue email sul tablet.
Lui non si accorse di nulla. Rachel ritornò in sé nel giro di pochi istanti e riprese la sua normale attività di pensiero che consisteva nel chiedersi cosa fare tutto il giorno per impiegare il tempo.
Sì ma impiegare il tempo in attesa di cosa?

Lei credeva di stare attendendo l'indomani sera per non andare all'appuntamento ma in realtà continuava a pensare a come si sarebbe vestita. Era come se la sua ragionevolezza le dicesse di non andare e il suo inconscio volesse così tanto rivedere quell'uomo da bombardarle la mente con paranoie femminili su abiti, trucco, e frasi convenzionali da dire.

Passò la giornata girovagando in centro senza meta. Cercava qualcosa ma non sapeva cosa.
Acquistò un runner per il tavolo del soggiorno in bamboo con inserti in seta, si rifece le unghie, due ore al centro benessere fra sauna e massaggi, un sacchetto pieno di viveri al takeaway cinese da consumare a casa, a gambe incrociate sul divano, guardando Robin Hood con Russel Crowe.

Marica le aveva riempito il frigo ma lei preferiva la comodità. Non le piaceva cucinare.
Prima di andare a letto lasciò un biglietto a Marica con le indicazioni per l'indomani, chiedendole di preparare il pranzo a suo piacimento con quello che c'era nel frigo.

Si stese a letto e cercò di chiedersi se era felice ma non fece in tempo. Il sonno sopraggiunse nel momento in cui provò a darsi una risposta.