martedì 30 novembre 2010

Quando giudici autonominati sentenziano

di Rocco Bonelli



Nella città dell'urlo la targa "comunità - alloggio" attendeva il mio lavoro.
La mia opera era una mano protesa a lenire, consolare, a compire ciò che i "cari" non avrebbero fatto mai.
Tronchi umani, sciancati, gli occhi filigranati, i matti si confidavano, mi cercavano, ero l'ala per volare verso un po di pace.
Chi cantò la mia impresa?!
Chi pagò il mio sudore?!
Nessuno.
Dei buoni dirigenti avrebbero compreso anche i rari momenti di stizza e di ribellione.
Ero carne anch'io.
Ero mortale anch'io.
Potevo essere preda anch'io.
Impaurito dalla mia stessa voce e dal trillo degli uccelli sui freddi fili telefonici, ero teso, facevo schifo, mi sentivo male.
Gli uccelli impazzirono e caddero nell'aria rotta.
Aironi intrappolati, peciose civette, simboli di ramarri al trotto, uccelli boreali si tuffavano e morivano nelle risaie rivedendo nel fatale capofitto tutte le chiare memorie della vita.
"E' strano sentirsi ladro" pensai " E aver rimediato solo un buco in fondo al cuore."
Allora i dottori della legge e i farisei covocarono il sinedrio e dissero: "Che facciamo? Costui si è infiammato nella sua libidine, commettendo cose turpi, e sconvenienti, profanando questo luogo sacro.
Per tanto riceverà in se stesso la degna retribuzione del suo traviamento!"
Come un pierrot da pantomima castrai il disastro con strane risate tristi e gridai:
"Guai a voi, ipocriti!
Guai!
Per salvare le vostre anime da circo inghiottite le ostie immaginarie della rettitudine!
Ipocriti!
Maestri del nulla!
Che filtrate il moscerino ed inghiottite un cammello!
Guide cieche!
Vi prostrate davanti alle minuzie del diritto e calpestate il cuore della legge: giustizia, pietà e fedeltà!
La vostra è divenuta la casa della desolazione, la casa della lucertola e del ragno!"
-"Basta così, piccola merda!
Oggi stesso vogliamo vedere le tue dimissioni sul tavolo altrimenti faremo intervenire i carabinieri!"
Scommetto che adesso vi chiederete come mai mi hanno trattato in quel modo.
Presto detto.
Le donne che lavorano sono spesso le migliori e si adattano con naturalezza.
Con una di loro amoreggiai nei momenti di riposo; all'inizio non sembrava molto diversa da una scimmia, ma poi, grazie al mio spirito di osservazione, capii che era viva e reale come me e mi innamorai di lei.
Pisciando nel water le notti sfrecciavano accanto a quella macchina da fottere.
Tiravo l'acqua, rimettevo il pene nel suo quartier generale e dal bagno tornavo in quella stanza.
Lei si rotolava sulla scrivania e rideva mentre io mi fermavo sulla porta a chiedermi come me la sarei cavata con quella ninfomane.
Così mi toglievo i jeans e li buttavo sopra il pc della nostra direttrice, con una lucetta blu nell'angolo a fare da atmosfera.
"Se me lo strofini su questa bella passerina diventa sempre più duro."
Poi si faceva scorrere le mutandine gialle con Titty disegnata sopra e cominciava a stuzzicarsi il clitoride.
Aveva ragione lei, mi veniva così duro che avrebbe potuto fare sopra le flessioni se avesse voluto.
Andava su di giri da matti, me lo afferrava e lo stringeva come una pazza, allora mi sdraiavo e lasciavo che mi lavorasse un po' di bocca.
Il pompino era da manuale e mi dava l'occasione di giocare un pò con quelle bocce mostruose.
Poi la ribaltavo e le tiravo su le gambe e pompavo lentamente, in modo che l'osso che avevo sopra il coso le sfregasse il clitoride.
Aristotele ne annotò già l'esistenza, un certo Galeno, nel II secolo, descrisse la prostata femminile, nel seconda metà del 500, un anatomista italiano riferì dell'eiaculazione femminile mentre spiegava le funzioni della clitoride, e nel XVII secolo un'altro anatomista, questa volta olandese,scrisse, in un libro sull'anatomia femminile, di fluidi "che correvano fuori" e "che zampillavano" durante l'eccitamento sessuale.
Quando veniva, dopo abili giochetti di mano, mi spruzzava in faccia tutto il glucosio, tutto l'
antigene prostatico e tutta la creatinina e urea, che la sua oscena vagina era in grado di espellere sotto forma liquida.
Se qualcuno di voi oggi mi chiedesse che cosa penso della mia ex collega di lavoro gli risponderei che è una troia da sballo ma anche un tipa completamente pazza.
Infatti, quando decisi di lasciarla a motivo di certe divergente sulle quali non intendo soffermarmi, ella mi accusò pubblicamente di molestie sessuali.
Ovviamente nessuno le credette, ma saltò fuori che avevamo scopato durante l'orario di lavoro.
Durante un colloquio a tu per tu con la mia ex direttrice, un aiutante donna delle SS sui cinquanta, secca e maliziosa, mi spiegò come lei capisse, con una valanga di comprensione, quanto la mia fosse una famiglia di poveri pezzenti ma che avrei dovuto autodisciplinarmi o magari mostrarmi più disponibile quando anch' essa  mi mandava certi messaggi, invece di abiurare.
Non appena il sinedrio si sciolsè firmai le mie dimissioni ed uscii di strada tutto sballato come a venir fuori da un cinema dove ti sei fatto un film di quattro ore in cui non hai capito niente.
Pensai tutta la notte a quegli inquisitori, ai loro luridi discorsi e alla morte.
Ero disoccupato e mi sembrava che ci fossero molte cose da dimenticare e molte da non fare.
Muovevo le braccia come uno spaventapasseri nel vento ma non serviva a niente.
Il mondo mi aveva tradito un'alta volta.

Nessun commento:

Posta un commento