mercoledì 9 febbraio 2011

Forgiveness

di Daniela Pasiphae



Era una mattina fredda. I postumi di una notte gelida lasciavano posto a pochi ardui raggi di luce che, a fatica, si ostinavano a voler scaldare quel giorno, ancora addormentato.
Dirigendomi a lunghi passi verso la fermata dell'autobus notai, giungendovi, un ammasso di pelo che sostava in prossimità della tettoia dell'Actv, compagnia locale di trasporto pubblico.
Avvicinandomi mi resi conto che tutto quel mucchio peloso aveva un proprietario che, forse, non si rendeva perfettamente conto che quella giornata splendeva in una meraviglia di raggi vitali e carichi di energia positiva. Una signora, forse sui settanta, infelicemente, si trovava a vivere un'altra giornata di una vita che forse, a guardarla negli occhi, non le aveva donato molto, a parte quella pelliccia, caratterizzata da un pelo ormai stanco, di creature ormai dimenticate da molti anni.
Mi guarda.
Cerco di trattenere un giudizio che, da troppi anni, mi colpisce ogni qual volta realizzo che vi è stata una mancanza di coscienza nei contfronti della Vita.
Mi rendo conto che non provo rabbia ma che inevitabilmente la sto giudicando. E così, come spesso accade, osservo quel mio fastidio ma senza provare odio, neanche per quella povera donna, avvolta nell'inconsapevolezza.
Compassione è il sentimento che va per la maggiore. Va anche un filo di risentimento perché a volte mi risulta davvero arduo non giudicare chi si atteggia portandosi animali morti addosso. Ma poi rifletto e penso che la differenza non è poi molta di chi se li porta nello stomaco.
E' come nascondere la spazzatura anziché lasciarla in bella vista, ma il risultato non cambia.
Arriva l'autobus ed ordinatamente saliamo. Prendo posto e noto che la signora preferisce rimanere in piedi.
Perfidamente, inizio a pensare a tante cose, troppi giudizi. Mi chiedo se non sia per non rovinare la pelliccia che preferisce starsene in piedi. Mi si posiziona davanti. L'autobus si riempie e lei arriva a pochi centimetri dalle mie ginocchia.
La guardo e mi rendo conto che l'espressione è di disprezzo. "Non toccarmi con quella roba morta che ti porti addosso!" penso. E ancora mi immagino di dirle, in tutta pace "Signora a lei piacerebbe se io le mettessi un gatto morto su una spalla?" e vedo lei che, schifata, mi guarda con aria stranita e risponde "Certo che no!" ed io allora concludo "E allora perchè lei mi mette i suoi animali morti addossati alle gambe?".
Chiudo gli occhi e cerco di consapevolizzare. Ascolto qualche nota di Forgiveness di Elisa che ormai mi accompagna quotidianamente.
Apro gli occhi - forgiveness.
Mi metto in pace e sento che il sentimento di risentimento scompare. Prosegue il viaggio senza che questa signora ed i suoi ospiti giustiziati siano motivo di turbamento.
Ma forse l'Universo aveva piacere (o forse era la mia mente combattiva) evidentemente che io mi pronunciassi perché, improvvisamente, l'autista frenò bruscamente, facendo pesantemente spostare tutti i pendolari che sostavano in piedi, col rischio che rovinassero a terra.
Questione di secondi, la signora si riassesta dopo essersi prontamente salvata dal ruzzolone, reggendosi sugli appositi sostegni.
Volta il capo, lo sguardo smarrito ma soddisfatto di avercela fatta, ancora una volta. Di essere rimasta in piedi, nonostante l'età.
Mi guarda, abbozza un sorriso d'ammiccamento, quasi a sembrare buona, e mi apostrofa in tono seccato "Però, come guida questo autista! E' scandaloso!"
Questo che le risposi non venne filtrato dalla Mente perché uscì, con voce cordiale ma pungente, senza che me ne rendessi conto.
"C'è chi guida male e chi si veste di animali morti. Non so cosa sia più scandaloso, sinceramente!"



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